12 settembre 2009

L'Accademia dà il peggio di sé stessa

Un nostr’ebbro accademico ha ier l’altro ·dedicato ad un altro più famoso ·il sonetto che segue, a parodia ·delle palascianesche imitazioni ·dei barocchi tarocchi; e, pur se misero, ·qui l’ospitiamo, per pietà e diletto. ·Ché ogni palascianista in qualche modo ·può dire, seguitando il primo verso ·dell’arduo Ipersonetto del Maestro: ·«Rivive in me trobar e amor cortese».



Sonetto
su una foto del Carrino


Se – o crudele – non desse alla passione
che mi combure* un limite il tuo gelo
come limita l’orizzonte il cielo,
in una fiamma sola – alla visione

di questa foto, in cui troppo maschione
tu sei – sarei tutt’arso; e lo sfacelo
di me sarebbe terminato in velo
di cenere, cui il vento dispersione

pietoso avrebbe data; e nulla piú
di me sarebbe alfin rimasto al mondo,
salvo l’eco del pianto, incapsulata

nella memoria delle Muse: «O tu
che il mio cuore hai marchiato nel profondo,
muoio perché tua bocca ho mai baciata!».





* L'ebbro ringrazia il Presidente stesso ·d'avergli suggerito questo verbo, ·pur in disuso da svariati secoli; ·védansi qui le fonti filologiche.

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