23 febbraio 2010

L'uomo tra perversione e religione

Riportiamo, prendendolo da Facebook, un commento del nostro Presidente al recente caso delle due signore o signorine che hanno ucciso un cane, al quale l'una teneva ferma la testa mentre l'altra lo calpestava, a lungo, infierendo coi tacchi, lui guaendo ed esse ridacchiando. Non linkiamo al video girato da un loro complice.


Sembra un misto tra una scena sadomaso e un sacrificio rituale. Gli appassionati di questo tipo di video provano certo una soddisfazione di tipo sessuale a vedere delle snelle gambe di donna inguainate in nylon nero, piedi calzanti scarpe a lunghi tacchi, trattare il cane come uno slave, come forse a loro stessi piacerebbe essere trattati, anche se non fino alla morte (o forse sì, in qualche loro fantasia di autoannientamento). Inoltre, a ucciderlo le due "sacerdotesse" avranno provato all'incirca la stessa esaltazione che gli antichi provavano nell'immolare un capro e offrire il suo sangue a Dio, liberandosi così dei peccati loro e di tutto il villaggio, scaricati addosso a un animale perfettamente innocente. Questo è in pratica un vero sacrificio barbarico, che deve indignare ma che a contemplarsi in differita (dal vivo uno sarebbe intervenuto e avrebbe preso a mazzate le due pseudo baccanti, salvando il cucciolo) può anche dare un assurdo senso di soddisfazione fredda e triste, di «Tutto è compiuto», in chi eppure si sente con tutta la sua anima in empatia con la vittima: come davanti, forse, a una tragedia greca (dove però le uccisioni non venivano mostrate sulla scena). Peccato che la catarsi in questo caso non valga la pena, la pena di quel cane; difatti non avremmo mai commissionato un video del genere, e forse neanche immaginato. Infine si aspetterà meccanicamente che sia data una giusta pena alle due signore, ormai già identificate e denunciate, che da torturatrici dell'Inquisizione si trasformeranno in streghe da mettere al rogo. Non le odio più rabbiosamente, ma in calma mi repellono: mi sono, lo sento, considerevolmente aliene, nonostante il comune nucleo umano; non nego le somiglianze, e sono lieto delle differenze.

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