29 dicembre 2010

Revenaz Quartet, l'armonia del caos

«È esattamente ciò che farei io se fossi voi restando me». Questo è stato il commento di Marco Palasciano, presidente dell'Accademia Palasciania, al termine del concerto («concerto» è però riduttivo, dato l'inglobo di arti visuali e sceniche) dei Revenaz Quartet, ieri sera, al Lanificio 25 in Napoli.

La musica, contaminazione ironica e genialoide di stili e materiali i più eterogenei (dai singulti di elettronica stockhauseniana alla vaiassata neomelodica campionata, passando per il jazz, il samba, l'armonia novecentesca, la videogame music e altra ingredientistica postmoderna dadaisticamente zappingata), composta ed eseguita con sapienza*, è accompagnata da sequenze video, per la più parte opere di visual art (di grande effetto – a dirne due momenti tra i meglio dissacranti – il balletto dei cloni di Che Guevara, o il tricolore italiano composto dalle immagini di una partita di calcio + uno spot di pannolini  + la bandiera nazista) appositamente create da Simone Petrella; il quale tra l'altro a metà spettacolo si è, a introdurre una cantante – tutto il resto era instrumental –, calato nei panni di un presentatore sanremoide (tra l'altro storpiando insistentemente a bella posta «Quartet» in «Quadret»). Il corpo sonante si compone, scordavamo, di Andrea De Fazio (batteria), Luca Iavarone (elettricume; e nei video, tra l'altro, interprete della figura di un musicologo assurdo), Roberto Porzio (tastierame), Paolo Petrella (basso).



Gli sbeffeggiamenti catartici dell'ensemble audiovisuale revenatica decostruiscono e devitalizzano i denti in noi affondati del mercato e della storia, gengive incluse erotiche e teoretiche, a rivitalizzare lo spettatore disintossicandolo dalle contestualizzazioni meccaniche dell'antroposfera contemporanea, a rotta di collo scollando e ricollocando quel che più piace e spiace, in gioiosa eversione della demiurgia di default.

Tronchiamo la recensione – inutile poiché già immenso séguito segue i 5 del quartetto, 6 con
Peppe Pace (fonico) – su due immagini il cui senso chi ha già audiovisto una revenazzata sa, e chi non sa audioveda e lo saprà: il water e Wagner.

Applausi.



* Si sente lo zampino degli studi al conservatorio! Ma nulla a che veder con un Allevi, che del conservatorio ha conservato il conservatorume, mentre i Revenaz no. Cioè: Allevi usa il dito, i Revenaz usano la luna. I Revenaz possono dirsi palascianeschi. Incidentalmente già Iavarone e i f.lli Petrella sono Soci Ornamentali della nostra Accademia. Sulla simbiosi artistica tra Iavarone e Palasciano vedi qui.

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